Nelle relazioni umane la risata è importante.
Ridere è istintivo, spontaneo, virale, e impariamo a farlo fin da bambini, già a 3 o 4 mesi di vita. Ridere ci fa stare bene, che lo si faccia da soli o in compagnia, a casa, al lavoro o in aereo (no, qui non non rido manco morto).
Qualità certamente innegabili ma importanti da contestualizzare, riflettendo sui meccanismi del riso e sui punti d’incontro con la sua controparte negativa: la derisione.
Alla ricerca del sorriso perfetto (non è una pubblicità per dentifrici)
Un bel giorno Guillaume Duchenne decide di studiare il riso delle persone e pensa di utilizzare la corrente elettrica per “fornire il giusto stimolo”.
Certo è il 1800 e un po’ di dolore, in nome della scienza, ci può anche stare!
Ciò che ottiene sono 2 tipologie di sorriso così classificate:
- quello falso, con la contrazione del muscolo zigomatico maggiore (la bocca si inarca all’insù)
- quello vero, dove a contrarsi è anche il muscolo orbicolare (oltre alla bocca, le guance si sollevano e gli occhi si socchiudono)
Il secondo sarà definito sorriso di Duchenne e ritenuto per molti anni autentico, dato che l’80% delle persone (te compreso, caro lettore musone) ha uno scarso controllo dei muscoli oculari.
Una convenzione adottata almeno fino al 2009, quando Eva Krumhuber e Antony Manstead si accorgono che in realtà è vero l’opposto, e cioè che, soprattutto in foto, è facile fingere un sorriso (ci riesce l’83% della gente, compreso te, caro lettore falZone!) ma è più difficile farlo in video per questioni di dinamicità.
Mi ha conquistato il suo sorriso
L’importanza del sorriso trova il suo senso nel gradimento di chi lo osserva. Si inquadra infatti la risata come espressione genuina della felicità, in virtù del fatto che sia difficile da falsificare.
Nonostante le poche ricerche sul tema, il neuroscienziato Robert Provine nel 2001 osserva 1200 individui mentre ridono spontaneamente. Difficile resistere senza a sua volta sbellicarsi, ma elabora comunque alcune osservazioni utili all’analisi del nostro modo di comunicare:
- Scopo del riso è la comunicazione sociale, tanto che in compagnia ridiamo 30 volte in più di quando siamo soli
- Solitamente ridiamo nel mezzo di una frase e non alla fine
- L’uomo è più “musone” e ride meno della metà della donna
- Più la tua posizione sociale in un gruppo è alta, meno ridi
- Ridere è universale, inconscio e contagioso
Se vuoi metterti alla prova, specie con l’ultimo punto, prova a guardare questo splendido spot di Coca-Cola senza ridere:
Una risata per 7 emozioni
Osservando Facebook avrai notato che il Like, nel corso degli anni, ha subito un’evoluzione non banale. Da semplice pollice insù si è suddiviso in: Like, Love, Ahah, Wow, Sigh, Grrr.
La ragione è che noi (intesi come specie umana del globo terracqueo) riconoscendo le espressioni facciali, abbiamo più immediatezza nel condividere ciò che proviamo tramite icone che lo rappresentino, piuttosto che a gesti o parole. E lo facciamo perché le emozioni, dalla felicità all’incazzatura, sono anzitutto legate a una propria fisiologia.
Da qui l’indentificazione delle 7 emozioni universali, utili a chi vuol guidare la propria comunicazione in modo consapevole, a seconda di un obiettivo e soprattutto un target (parola brutta brutta, come ho già detto qui).
Elencandole, utilizzando l’esempio dei Like, sono:
- Felicità (Like, Love)
- Tristezza (Sigh)
- Disprezzo (Grrr)
- Paura (Sigh)
- Disgusto (Sigh, Grrr, che effettivamente non danno una degna rappresentanza)
- Sorpresa (Wow)
- Rabbia (Grr)
Tornando al tema risata, è evidente (anche grazie all’aiuto del malvagio Faccialibro) come non sia scatenata soltanto dall’emozione Felicità, ma nasca contemporaneamente da più elementi, quali: la situazione, il contesto, l’origine del messaggio ascoltato e ovviamente, tu che lo ricevi.
Preso atto di questo si può capire come la risata possa significare molte cose diverse, nonché nascondere sentimenti come rabbia e disprezzo.
Perché sul web non riconosciamo l’ironia?
In rete i nostri confronti avvengono soprattutto all’interno dei social. Come affermavo anche qui, non sono soltanto strumenti, ma veri e proprio luoghi con certe regole e dinamiche.
Le caratteristiche di velocità e quantità di informazioni ben si sposano con la necessità di condividere opinioni (e quindi stati d’animo) tramite emoticon. Ci rappresentano bene e le capiamo a colpo d’occhio.
Ciò che sembra mancare è però un tempo per l’approfondimento, tanto per ciò che fruiamo ogni giorno quanto per riflettere intimamente con noi.
Ti sarai accorto che il contenuto più semplice da trasmettere è quello che fa ridere. Se la risata unisce e lega, le ironie demenziali e alla portata di tutti raggiungono la massa con facilità.
Ma dove la cultura partecipativa dei meme prospera senza limiti, la satira arranca incompresa e travisata.
La satira incomprensibile di Martina dell’Ombra
Un caso per tutti può essere quello di Martina dell’Ombra, personaggio web (e teatrale) creato da Federica Cacciola.
Ho sentito la sua storia allo scorso Web Marketing Festival, e raccontava di come le posizioni espresse tramite Martina (politicamente scorrette, parodistiche e ben oltre il comune buon senso) fossero satira, utili quindi a far ridere, ma soprattutto riflettere.
Che la risata, o meglio la derisione, fosse presente, è fuori discussione. Ma sui momenti di riflessione offerti ai suoi abituali frutori ho (personalmente) dei seri dubbi.
Tante le condivisioni atte a schernire, insultare, bollare nel giro di pochi secondi il lavoro dell’attrice. Specie da parte di chi, nei sui video, ci inciampava per caso.
Minori invece, quelli che coglievano lo scopo di critica sociale promossa.
Fatti una buona risata
Alla luce delle caratteristiche e delle dinamiche della risata, il dubbio che vorrei condividere è: la satira, e in generale l’ironia impegnata, funzionano ancora?
Oppure siamo pronti a ridere e deridere ogni cosa, specie nel web, travisando persino chi la vera ironia la vorrebbe fare?
Ma soprattutto: siamo ancora capaci di farci una sana e buona risata?
Letture consigliate
100 cose che ogni designer deve conoscere, di Susan M. Weinschenk
Il problema con il sarcasmo su Internet, il Post
Si deve per forza ridere di tutto? Ascesa e declino del politicamente scorretto, dailybest
Teoria e tecnica dei meme in rete, Linkiesta
Oltre il trash: i meme sono vera spazzatura culturale, thesubmarine.it
Ecco perché su Internet non bisogna mai fare battute senza dire che sono battute, Il Disinformatico
L’incauto uso del sarcasmo retorico nel web 2.0, Hic Rhodus
Ehi, c’è anche il video!
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