Il primo grande passo che mi ha fatto percepire di essere adulto è stato lavorare, mantenermi da solo e vivere per conto mio senza dipendere più da nessuno.
Questo status, se le cose vanno per il “verso giusto”, non si dovrebbe perdere finché non arriverà la pensione, là dove vedo un altro grande evento: il tempo sommerso torna a galla.
Sì perché lavorare significa anche barattare il tuo tempo per quell’indipendenza. Energie e anni che scegli di investire e che sai non possono tornare indietro. Non in termini di ore, giorni e mesi, almeno.
Non tutti si trovano a proprio agio a rifletterci su e anzi, spesso si trova consolazione in quella massima che dice
Fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita
C’è chi insegue questo mantra senza raggiungerlo mai, chi si convince che il suo mestiere in realtà è gratificante e chi invece, lasciando tutti di stucco, prende e cambia vita per fare ciò che davvero ama, anche rischiando tutto.
Perché inizio questo articolo così? Perché proprio con questo tema?
Due ragioni:
- sono sensibile all’argomento lavoro = soldi = tempo
- voglio parlarti del fenomeno dell’escalation e di come porti a scelte disastrose
Quanto pagheresti per 1 euro?
Nel 1971 il matematico ed economista Martin Shubik descriveva il meccanismo dell’escalation con un gioco perfetto da fare quando si è sbronzi a una festa. Funziona così:
C’è un’asta con in palio una moneta da 1 euro.
L’asta parte da 1 centesimo.
Il miglior offerente si aggiudicherà l’euro.
Il secondo miglior offerente però, dovrà pagare al banco tutta la somma offerta (e non avrà niente).
Come finisce in genere questo gioco?
Con il vincitore che si aggiudica l’euro pagandolo anche 3 o 4 euro e il secondo arrivato che sborsa una cifra simile al banditore, vero vittorioso dell’asta.
Ma com’è possibile essere tanto scemi?
L’investimento passato condiziona le scelte future
Osservando da vicino lo svolgimento del gioco ci si accorge che ci sono alcuni momenti chiave che mettono in crisi i partecipanti:
- la soglia dei 51 centesimi (che vedrebbe il banco guadagnare 51 centesimi dal vincitore e 50 dal perdente)
- e quella dei 99 centesimi (che spinge il secondo offerente a offrire l’euro per andare in pari, non buttare soldi e non far vincere l’avversario).
In generale il meccanismo che accende la competizione è legato all’investimento passato (i soldi) e alla frustrazione di perderlo, peggio ancora se davanti a un pubblico.
Dare la vittoria all’avversario e pagare per non ottenere niente è umiliante. Ma non è illogico fermarsi per tempo, perché il vero rischio in questa situazione è pagare 1 euro più del proprio valore.
Questo esempio è utile per descrivere la stessa dinamica applicata ad altri ambiti della vita, quando in palio non ci sono stupide monetine ma investimenti importanti.
Dopo le mie due lauree in economia come posso scegliere di fare il videomaker mandando all’aria gli sforzi sia miei che della mia famiglia?
Dopo aver speso tanto in ricerca per questo nuovo prodotto come posso bloccare tutto, solo perché il mio concorrente ha trovato un’idea nettamente migliore anticipandomi?
Dopo tutte le vite perse, come possiamo ritirare le nostre truppe proprio ora, che dovrebbe mancare così poco?
Dal Concorde al Vietnam a te
Nel suo libro Trappole Mentali, Matteo Motterlini porta un paio di esempi concreti legati al fenomeno dell’escalation.
Il primo riguarda i responsabili del progetto Concorde, l’aereo civile in grado di superare la barriera del suono che nel 2000 si schiantò uccidendo oltre 100 passeggeri dopo anni di produzione in perdita. Fu solo la tragedia a mettere fine all’escalation, perché gli investimenti titanici per un progetto fatto di disguidi e perdite non permettevano di uscirne facilmente.
Ma la stessa dinamica si ebbe anche per la guerra in Vietnam, periodo in cui Shubik pubblicò il suo gioco in avvertimento al costo economico e umano che gli Stati Uniti stavano pagando perché non “potevano perdere la faccia” ritirandosi.
Quante volte invece ti capita di notare progetti palesemente votati al fallimento ma per cui si sceglie di andare avanti perché “ormai si è speso troppo” o “gli altri che direbbero” e “siamo arrivati fin qui, non ha senso fermarsi”?
E quante volte si finisce col pagare la sconfitta pensando solo a posteriori ai (ora sì) risparmi andati in fumo?
Mollo tutto e giro il mondo
Torno all’inizio, a quel discorso sul lavoro e sul tempo e dico subito che no: non voglio arrivare al punto che devi mollare tutto e viverti il tempo come ti pare fregandotene delle responsabilità.
Ma non nego che l’ispirazione per questo paragone, in verità, è proprio arrivata da qualcuno che ha compiuto tale scelta, spezzando la proprio escalation quotidiana e compiendo la miglior scelta per sé.
Parlo di Claudio Pelizzeni, YouTuber del canale Trip Therapy che nel suo libro racconta di come il lavoro non coincidesse con quel voleva fare ed essere e di come lo abbia lasciato e… via! Via per il mondo, zaino in spalla, e si vive!
Da lui e da questa storia dell’escalation voglio portarmi a casa l’idea che il passato dev’essere un bagaglio che mi arricchisce, non che mi appesantisce. E ricordarmi che è meglio costruire il futuro guardando indietro per imparare dagli errori, non per imprigionarmi in un’escalation di cazzate. Ché alla fine, a pagare, sono io.
Letture consigliate
Trappole Mentali, di Matteo Motterlini
L’orizzonte ogni giorno un po’ più in là, di Claudio Pelizzeni
Ehi, c’è anche il video!
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