Siamo nel periodo dell’Illuminismo e nei salotti prestigiosi, tra i regali più apprezzati dalle dame, ci sono i prismi. Un prisma trasparente infatti, crea il noto effetto ottico di scomporre la luce in tutti i colori dell’arcobaleno e di colori, in questo periodo, se ne parla moltissimo.
Grazie a Newton, alla rivoluzione scientifica e alla rivoluzione industriale, il ruolo del colore cambia radicalmente sia nella mentalità che nella quotidianità delle persone.
Donare un prisma è perciò simbolo di un nuovo approccio alla realtà, un modo diverso di vedere e illuminare il mondo, ora libero dalle antiche (e statiche) sapienze religiose e aperto alla modernità (e dinamicità) della scienza.
Questa storia del prisma, oggi, potrebbe farti sorridere e sembrarti una semplice curiosità, eppure, come vedrai presto, si posiziona in qualche modo all’origine del nostro attuale modo di pensare, produrre e consumare.
Tutti pazzi per Newton
Quando Newton compie per la prima volta l’esperimento del prisma e apre la luce, intuisce anche la possibilità di penetrare qualsiasi sostanza studiando addirittura l’invisibile.
Il Newtonianismo per le dame, nel 1737, diviene uno dei primissimi libri di divulgazione scientifica e punta alle donne come pubblico ideale perché incarna il lettore colto ma non specializzato. Partendo da qui l’atteggiamento di investigare, razionalizzare e catalogare diviene ben presto una moda anche se, già con Luigi XIV, si era avviata un’era di specializzazione delle competenze.
È così che comportamenti, modi di pensare, rituali e oggetti vengono completamente riorganizzati, dando il là a nomenclature e classificazioni che porteranno, assieme alla rivoluzione industriale, al concetto di standard.
Il Nuovo Mondo e l’ignoranza
La scoperta di Newton però non sarebbe stata possibile se già in precedenza non si fosse affermata una mentalità scientifica.
Fin prima della scoperta dell’America infatti, il pensiero scientifico non era né diffuso, né promosso. Le conoscenze disponibili erano ritenute sufficienti e l’età dell’oro, nella visione comune, era associata ai tempi antichi, non certo proiettata al futuro. Le parole dei testi sacri e dei grandi saggi contenevano tutta la sapienza di cui si aveva bisogno. Il resto, ciò che non era riportato, era superfluo, se non addirittura eretico.
Il cambio di prospettiva arrivò appunto con l’approdo al Nuovo Mondo, che aprì un periodo di spedizioni ed esplorazioni per accaparrarsi più territori e risorse. Le potenze europee si imbatterono addirittura in nuovi imperi pur convinte, fino a poco prima, che le mappe fossero già complete.
La grande macchina della colonizzazione fu quindi pronta a partire sospinta da tre grandi motori:
- il credito, ovvero l’innovativo strumento finanziario che permetteva di prestare soldi sulla base della fiducia verso il profitto futuro
- l’imperialismo, cioè l’atteggiamento secondo cui il mondo era un territorio ancora tutto da scoprire e assoggettare
- la mentalità scientifica, che ammetteva apertamente l’ignoranza e si aspettava progresso e benessere derivanti dall’indagine per risolverla
La scienza conquistò spazio e fiducia sfornando innovazioni evidenti e miracolose. Gli imperi nel frattempo crebbero e con loro anche la produzione di beni e il benessere collettivo. L’industrializzazione, non a caso, si sviluppò per via delle nuove scoperte nate dagli investimenti in ricerca, i quali erano possibili per l’innovativo sguardo di fiducia verso il domani. Insomma: un circolo virtuoso che cambiò rapidamente l’Europa e poi tutto il mondo.
L’idea di standard e il colore in tinta
Torniamo ora a esaminare il colore. Con la rivoluzione industriale è curioso notare come anche questo elemento sia mutato, tanto nella pratica quanto nell’immaginario collettivo.
Grazie ai nuovi strumenti era possibile generare colori sintetici, più stabili, uniformi e resistenti. Per più di 35.000 anni invece, ogni colore era legato a una o più materie naturali e veniva ricavato da minerali, vegetali e animali. La scarsità o l’abbondanza di tali materie determinava diversi gradi di preziosità e quindi di costo. Un colore come l’azzurro perciò, assumeva enorme valore poiché ricavato dal lapislazzulo, una pietra rara e preziosa.
I processi di produzione condizionano da sempre l’immaginario legato al colore.
Se nel Rinascimento però si avevano madonne e santi vestiti di azzurro per simboleggiare (con la ricchezza) un valore teologico, dall’Ottocento, con la produzione standardizzata, si impone una rivoluzione dello sguardo dove design e pubblicità legano colori e oggetti in una nuova memoria collettiva.
Insomma, prima il colore era essenza delle cose e viveva di legami materici, economici e spirituali; ora invece è un discorso di immaginari e aspettative tanto che, a livello inconscio, leghiamo determinati oggetti a colori precisi, a standard. Se pensi a una matita sarà sicuramente gialla, se immagini una bottiglia la vedrai verde, se ricordi un pallone sarà bianco a pentagoni neri.
Qual è il tuo colore preferito?
Si può dire, a questo punto, che l’intuizione di Newton appaia interessante sia per le conseguenze pratiche sia per il valore metaforico legato ai colori. Una luce a schiarire l’ignoranza e per scoprire un mondo di colori che, col tempo, abbiamo guardato con occhi rivoluzionati.
Chiedersi quale sia il colore che più preferiamo oggi è normale, ma è una domanda che in passato non avrebbe trovato spazio, perché sono state produzione e consumo, in ragione di un nuovo sistema da far funzionare (quello capitalistico) ad associare a merci e colori sentimenti che appaghino l’individuo.
Individualità che prima, come concetto, quasi non esisteva dato che la vita era vissuta in comunità e famiglie. Tutti nuclei costruiti attorno a tradizioni, valori e punti di vista validi da secoli e secoli, non ancora stravolti, insomma, dal mondo moderno, così rapido, specializzato e… colorato.
Letture consigliate
Cromorama, di Riccardo Falcinelli
Sapiens, da animali a dèi, di Yuval Noah Harari
Collasso: come le società scelgono di morire o vivere, di Jared Diamond
Il newtonianismo per le dame, di Francesco Algarotti
Ehi, c’è anche il video!
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Articolo molto interessante!
Grazie Alessandro, mi fa molto piacere 😉